23 maggio 2010 Restauro monumento all'Artigliere presso il Cimitero Monumentale di Staglieno Genova

          Prima del restauro                                                       Dopo il restauro

Questo Monumento si trova nel ‘Viale degli Eroi Caduti in guerra ‘ del Cimitero Monumentale  di Staglieno in Genova.

Era stato a suo tempo inaugurato una prima volta il 15 giugno 1995 dall’allora Presidente

di  Sezione Col. G. B. Brolis, e consisteva in un blocco parallelepipedo di granito nero Africa, su cui erano applicate lettere in bronzo ‘L’ARTIGLIERIA AI SUOI CADUTI – SEMPRE ED OVUNQUE’ , e, pur nella sua sobrietà, faceva una certa figura.

Con gli anni, nella stessa zona, erano sorti altri Monumenti di Associazioni Patriottiche e d’Arma più ricchi e più imponenti.

Il proposito di migliorare questo Monumento era sorto subito nella mente del Col .G. C. Catanzano, subentrato alla Presidenza di Sezione e poi Delegato Regionale. Il suo progetto però si era scontrato con la Burocrazia ed era rimasto sulla carta fino alla Sua scomparsa, avvenuta nel 1999.

Nel 2008 l’attuale Presidente Col. R. Cumin riavviava la pratica.

In questo ha trovato il disinteressato aiuto dell’Architetto Prof. Enrico Dassori,Professore Ordinario di Architettura Tecnica presso la Facoltà di Ingegneria di Genova, amico e simpatizzante dell’Associazione, al quale vanno i più sinceri ringraziamenti da parte del Consiglio Direttivo e di tutti i Soci della Sezione.

Il  Prof. Dassori è autore di oltre 150 pubblicazioni tecniche relative al settore delle Costruzioni. E’ stato presidente del CTE (Milano) ed è presidente di ICMQ (Milano), Istituto che opera nel settore della certificazione di Qualità per le Costruzioni
E’ stato visiting professor presso le Facoltà di Ingegneria di New Dehli e Mumbay.
Ha maturato importanti esperienze nella progettazione e Direzione lavori di opere Civili
Grazie al Suo progetto e validissimo appoggio, tutte le pratiche burocratiche e di licenza intervento si sono svolte in tempi ragionevoli e si è potuto affidare i lavori alla  Ditta Cataldi, autorizzata ad operare nel Cimitero di Staglieno. 

Questi lavori di miglioramento e restauro sono stati effettuati con: posa, davanti all’originario blocco, di due basi, sempre in granito nero Africa, con sopra  fissati due proietti da 155 inerti ed opportunamente restaurati ad opera  dei Consiglieri Menotti e Barbieri.

Questi proietti erano originariamente utilizzati come fermaporte in Uffici del Distretto , e sono stati resi disponibili per questo loro migliore impiego da parte dell’Autorità Militare, anche alla quale va il ringraziamento della Sezione.

Questa inaugurazione si è svolta il 23 maggio 2010.

La Cerimonia si è articolata su: Scoprimento Monumento, sua Benedizione da parte del Cappellano Militare Padre Celso da Favale, Deposizione Corona, Onori ai Caduti ai quali sono stati aggiunti quelli ai Militari Italiani caduti in Afghanistan.

L’onere finanziario per questo Restauro è già stato saldato.

Esso è completamente a carico dei Soci della Sezione, che hanno effettuato e stanno effettuando oblazioni.

Richieste di finanziamenti in tutte le direzioni hanno avuto esito negativo.

Architetto Prof.                               Inaugurazione restauro                        Inaugurazione restauro

Enrico Dassori

                             Padre Celso benedice monumento                                         ONORE AI CADUTI

                                       Soci A.N.Art.I della Sezione Raffaele Cattaneo di Genova

   Proietti in fase di restauro                Santa Messa presso Cripta Monumento ai Caduti di Genova

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La Battaglia del solstizio fu combattuta nel giugno 1918 dal Regio Esercito Italiano da una parte e dall'Imperial Regio esercito dall'altra. Fu l'ultima grande offensiva sferrata dagli austriaci nel corso della prima guerra mondiale e si spense davanti alla valorosa resistenza dei soldati italiani. Il nome "battaglia del solstizio" fu ideato dal poeta Gabriele D'Annunzio, lo stesso che poco dopo, il 9 agosto 1918, con 11 aeroplani Ansaldo sorvolerà Vienna gettando dal cielo migliaia di manifestini, inneggianti alla vittoria italiana.
La tentata offensiva austro-ungarica
Nel 1918 gli austriaci pianificarono una massiccia offensiva sul fronte italiano, da sferrare all'inizio dell'estate, in giugno.
A causa delle loro gravi difficoltà di approvvigionamento, volevano infatti raggiungere la fertile pianura padana, sino al Po, e soprattutto, in un momento di grave difficoltà interna dell'Impero per il protrarsi della guerra, gli Austro-ungarici intendevano dare al conflitto una svolta decisiva, che permettesse un completo sfondamento del fronte italiano, come era già avvenuto con l'offensiva di Caporetto, e consentisse quindi di liberare forze da concentrare in un secondo momento sul fronte franco-tedesco.
L'offensiva fu preparata quindi con grande cura e larghezza di mezzi dagli austriaci che vi impegnarono ben 66 divisioni, ed erano talmente sicuri del successo, che avevano persino preparato in anticipo i timbri ad inchiostro da usare nelle zone italiane da occupare.
La risposta italiana
Gli italiani conoscevano in anticipo i piani del nemico, comprese la data e l'ora dell'attacco, tanto che nella zona del Monte Grappa e dell'Altopiano dei Sette Comuni i colpi di cannone delle artiglierie italiane anticiparono l'attacco degli austriaci, lasciandoli disorientati. Le artiglierie del Regio Esercito, appena dopo la mezzanotte, per quasi cinque ore spararono decine di migliaia di proiettili di grosso calibro, tanto che gli alpini che salivano a piedi sul Monte Grappa videro l'intero fronte illuminato a giorno sino al mare Adriatico. Ai primi contrattacchi italiani sul Monte Grappa, molti soldati austriaci abbandonarono i fucili e scapparono, tanto che i gendarmi riuscirono a bloccare i fuggitivi solamente nella piana di Villach.
La battaglia
La mattina del 15 giugno 1918, gli austriaci arrivando da Pieve di Soligo-Falzè di Piave, riuscirono a conquistare il Montello e il paese di Nervesa. La loro avanzata continuò successivamente sino a Bavaria (sulla direttiva per Arcade), ma furono fermati dalla possente controffensiva italiana, supportata dall'artiglieria francese, mentre le truppe francesi erano stazionate ad Arcade, pronte ad intervenire, in caso di bisogno. La Regia Aeronautica italiana mitragliava il nemico volando a bassa quota per rallentare l'avanzata. Colpito da un cecchino austriaco moriva il magg. Francesco Baracca, asso dell'aviazione italiana.In realtà la morte del pilota avvenne per mano di un aviatore austriaco, ma a causa dell'inesperienza e delle nuvole presenti in zona l'aviatore che volava su un altro aereo in pattuglia con Baracca il fatto rimase pressoché sconosciuto (o forse fu volutamente nascosto) agli italiani per decine di anni hanno così creduto all'abbattimento per vile fucilata, addirittura circolò la voce che costretto all'atterraggio preferì suicidarsi , solo recentemente sono stati resi pubblici i registri dell'aviazione asburgica che proverebbero l'abbattimento.
Le passerelle gettate sul Piave dagli austriaci il 15 giugno 1918 vennero bombardate incessantemente dall'alto e ciò comportò un rallentamento nelle forniture di armi e viveri. Ciò costrinse gli austriaci sulla difensiva e dopo una settimana di combattimenti, in cui gli italiani cominciavano ad avere il sopravvento, i nemici decisero di ritirarsi oltre il Piave, da dove erano inizialmente partiti. Centinaia di soldati morirono affogati di notte, nel tentativo di riattraversare il fiume in piena. Nelle ore successive alla ritirata austriaca, il re Vittorio Emanuele III visitava Nervesa liberata e completamente distrutta dai colpi di artiglieria. Ingenti i danni alle antiche ville sul Montello e al patrimonio artistico della zona. Stessa cosa per Spresiano: completamente distrutta. Gli austro-ungarici nella loro avanzata arrivarono sino al cimitero di Spresiano, ma l'artiglieria italiana che sparava da Visnadello e i contrattacchi della fanteria italiana riuscirono a bloccarli.
Le truppe austro-ungariche attraversarono il Piave anche in altre zone. Conquistarono pure le Grave di Papadopoli ma si dovettero successivamente ritirare. A Ponte di Piave percorsero la direttrice ferroviaria Portogruaro-Treviso, dopo alcune settimane di lotta, nella zona di Fagarè, vennero ricacciate dagli arditi italiani. Passarono il Piave anche a Candelù, da Salgareda raggiunsero Zenson e Fossalta, ma la loro offensiva si spense in pochi giorni.
La mattina dell'attacco, sino dalle ore 4.00, dal suo posto di osservazione posto in cima ad un campanile di Oderzo, il comandante delle truppe austriache, il feldmaresciallo Boroevic, osservava l'effetto dei proiettili oltre Piave. Le prime granate lacrimogene ed asfissianti ottenevano pochi risultati, grazie alle maschere a gas "inglesi" usate dagli italiani. Durante la Battaglia del Solstizio gli Austriaci spararono 200mila granate lacrimogene ed asfissianti. Sul fronte del Piave, quasi 6.000 cannoni austriaci sparavano sino a S.Biagio di Callalta e Lancenigo. Diversi proiettili da 750 kg di peso, sparati da un cannone su rotaia, nascosto a Gorgo al Monticano, arrivarono fino a 30 km di distanza, colpendo Treviso. Dall'altra parte del fronte, i contadini portavano secchi d'acqua agli artiglieri italiani per raffreddare le bocche da fuoco dei cannoni, che martellavano incessantemente le avanguardie del nemico e le passerelle poste sul fiume, per traghettare materiali e truppe. Il bombardamento delle passerelle fu determinante, in quanto agli austriaci vennero a mancare i rifornimenti, tanto da rendere difficile la loro permanenza oltre Piave.
Nel frattempo gli italiani, alla foce del fiume, avevano allagato il territorio di Caposile, per impedire agli austriaci ogni tentativo di avanzata. Dal fiume Sile i cannoni di grosso calibro della Marina Italiana, caricati su chiatte, che si spostavano in continuazione per non essere individuati, tenevano occupato il nemico da San Donà di Piave a Cavazuccherina (Jesolo).
Il punto di massima avanzata degli austriaci, convinti di arrivare presto a Treviso, fu a Fagarè, sulla provinciale Oderzo-Treviso. Gli Arditi o truppe d'assalto, forti della fama che li accompagnava, ricacciarono gli austriaci sulla riva del Piave da cui erano venuti. Non facevano prigionieri e andavano all'attacco con il pugnale tra i denti, tanto che la loro presenza terrorizzava il nemico. La testa di ponte di Fagarè sulla direttiva Ponte di Piave-Treviso fu l'ultimo lembo sulla destra del Piave a cadere in mano italiana.
Conseguenze della vittoria italiana
La tentata offensiva austriaca si tramutò quindi in una pesantissima disfatta: tra morti, feriti e prigionieri gli austro-ungarici persero quasi 150.000 uomini. La battaglia fu tuttavia violentissima e anche le perdite italiane ammontarono a circa 90.000 uomini.
Il generale croato Borojevic, comandante delle truppe austriache del settore e fautore dell'offensiva, capì che ormai l'Italia aveva superato la disfatta di Caporetto. Infatti, non solo si esauriva la spinta militare dell'Austria, ma apparivano anche i primi segnali di scontento tra la popolazione civile austriaca, per la scarsità di cibo. Gli Stati Uniti avevano isolato per mare gli Imperi Centrali e la penuria di risorse si faceva sentire.
In tale situazione la battaglia del Solstizio era l'ultima possibilità per gli austriaci di volgere a proprio favore le sorti della guerra, ma il suo fallimento, con un bilancio così pesante e nelle disastrose condizioni socio-economiche in cui versava l'Impero, significò in pratica l'inizio della fine. Dalla battaglia del Solstizio, infatti, trascorsero solo quattro mesi prima della vittoria finale dell'Italia a Vittorio Veneto.
BATTERIA MAMELI SULLE ALTURE DI GENOVA PEGLI

La Batteria Mameli, costruita dal Genio militare nel 1935 sulle alture di Pegli a difesa del ponente della città di Genova, è insieme alla batteria Monte Moro e la batteria di Punta Chiappa, una delle più importanti opere difensive costiere del golfo di Genova durante il secondo conflitto mondiale.Nel primo dopoguerra, la costruzione e la messa in funzione di importanti opere difensive costiere procedette a ritmo lento, limitandosi tutt'al più all'installazione di qualche medio-piccolo calibro molto a ridosso della costa. A Genova, dopo aver dismesso le batterie di San Benigno, di Punta Vagno e della Strega, e inviato nel 1914 a Taranto e Brindisi le maggiori artiglierie, c'era il bisogno di potenziare il sistema difensivo dopo l'incrinatura dei rapporti diplomatici con le altre potenze europee, soprattutto con Francia e Gran Bretagna. Dal 1935 per integrare queste batterie, furono approntati una serie di treni armati (T.A.) dotati di pezzi da 120/45 e 152/40. Sei di questi vengono dislocati in Liguria con base logistica a La Spezia e comando operativo a GenovaSempre nel 1935 venne costruita dal genio militare e armata con tre pezzi antinave da 152/50[1] la batteria Mameli sull'altura chiamata "vetta" di Pegli. Le sue artiglierie si comporteranno bene in seguito all'incursione francese, avvalorando la scelta di installare la batteria sulla vetta di Pegli. Le prime modifiche si avranno nel 1941, con l'ampliamento dei depositi di munizioni e con la costruzione di una casamtta per arma automatica, fornita di numerose feritoie a protezione della strada di accesso al complesso.
Seconda guerra mondiale
Dopo il precipitare dei rapporti con la Francia dopo la dichiarazione di guerra avvenuta il 10 giugno 1940 quando l'Italia dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, solo quattro giorni dopo il secondo gruppo navale della Terza Squadra francese comandata dall'Ammiraglio Henri Duplat, si avvicina alla costa tra Arenzano e Sestri Ponente, e inizia un violento canoneggiamento contro le installazioni industriali del capoluogo ligure.[2] La reazione delle difese costiere è immediata ma non molto efficace, la batteria Mameli spara 64 colpi con i suoi pezzi da 152, uno colpisce il cacciatorpediniere Albatros nel locale caldaie di poppa, provocando 12 morti tra i marinai francesi. Aprono il fuoco anche i due pontoni armati del porto di Genova; il pontone armato GM-194 ormeggiato all'estremità del terzo molo di Sampierdarena, spara due colpi con la sua gigantesca torre binata da 381mm, mentre il pontone armato GM-269 spara un solo colpo con le sue torri binate da 190/39.[3]
Risolutivo sarà l'intervento della torpediniera italiana Calatafimi, che manovrando contro la più fornita flotta francese la costringerà a ritirarsi.
Il 9 febbraio le difese costiere di Genova sono nuovamente messe a dura prova, la Forza H dell'Ammiraglio inglese James Fownes Somerville spara 273 colpi da 381 mm e 782 colpi da 152 mm oltre a numerosi altri pezzi di piccolo calibro, la batteria Mameli risponde con soli 14 colpi da 152 mm[2] a causa della fitta foschia, che non permette neanche alle altri difese di essere efficaci. Molti colpi cadono in acqua e questa incursione offensiva inglese dimostra le vistose carenze difensive genovesi.
Il Regio Esercito correrà ai ripari costruendo le batterie di Monte MoroArenzano e Portofino cercando i questo modo di coprire lo specchio di mare antistante Genova con delle fortificazioni agli estremi della città.
Dopo l'8 settembre
Questa come tutte le altre batterie di Genova passano sotto il controllo delle forze nazi-fasciste, e il primo intervento avverrà su uno dei tre pezzi, che verrà protetto con una casamatta in cemento armato con la tipica forma a "guscio".
Successivamente la batteria non avrà più modo di operare, Genova subirà altre incursioni, ma dall'alto con fitti bombardamenti alleati, e la mancanza di pezzi antiaerei renderà quasi inutile il complesso di Pegli.
Oggi il complesso è visitabile, ospita un museo e la sede del Coordinamento Ligure Studi Militari ( C.L.S.M. ) in un giardino dedicato ai caduti di Nassirya, oltre alla casamatta "Todt" sono ancora visibili le altre due piazzole scoperte, una quarta piazzola destinata al tiro illuminante e due bunker osservatorio.
 

Pegli 5 Gennaio 2015  Commemorazione carabiniere CIOLA

Pegli, 5 gennaio 2015. Dopo quasi novant’anni Pegli celebra il suo carabiniere eroe. Un militare della Benemerita che sacrificò la sua vita per salvare una donna minacciata ed aggredita dal marito La funzione religiosa è stata officiata da Don Michele Alberta, parroco della chiesa. e al termine i parenti del carabiniere hanno ricevuto dal capitano CC Massimo Pittaluga comandante di compagnia con giurisdizione su Pegli e dal luogotenente comm. Antonio Esposito comandante della stazione CC di Pegli, una medaglia della legione CC Liguria e la bandiera bicolore incrociata della Città di Genova donata dal Municipio Ponente. Il carabiniere Ciola era decorato di medaglia d’argento al valore militare. Presente il labaro ANARTI di Genova Pegli (gen. Repetto, cav. Oddone).

 

 

20 luglio 2015 Genova 150° anniversario della Costituzione del Corpo delle Capitanerie del Porto e della Guardia Costiera

 

     Reparti Guardia Costiera e Capitaneria schierati       Labari Associazioni

       Sono confluiti per la celebrazione tutti i comandi territoriali della Regione appartenenti al Corpo della Capitanerie di Porto, e quindi per la nostra Provincia marittima quelli di Savona, Loano, Alassio, Varazze, Andora e Finale - con una cerimonia solenne è stato intitolato alle Capitanerie il piazzale del porto antico antistante il Baluardo e la stessa sede genovese. Fu proprio il 20 luglio 1865 che il re Vittorio Emanuele II, nella splendida cornice di Palazzo Pitti a Firenze, dove da poco era stata trasferita la capitale del giovane Regno d’Italia, firmò il Regio Decreto n. 2438 che istituiva il Corpo delle Capitanerie di porto. Il nuovo organo dello Stato riassumeva in se quelle che erano state le funzioni dei Comandi centrali e delle varie organizzazioni periferiche che, negli Stati preunitari, amministravano e disciplinavano l’attività nei porti italiani e nelle acque marittime di giurisdizione. Un secolo e mezzo di storia, nel corso del quale, le Capitanerie di porto, oltre alle funzioni proprie della navigazione e del trasporto marittimo, sono state e continuano ad essere depositarie di una tradizione militare e marinara mai smentita, in virtù della quale la fedeltà alla Patria ed il profondo radicamento dei principi di solidarietà marinara e salvaguardia della vita umana in mare non ha mai conosciuto, non conosce, né conoscerà dubbi di sorta. Oggi, quindi, da quel lontano 20 luglio, sono 150 anni al servizio dell’Italia, dei suoi porti, delle sue coste e del suo mare. Sono anche 150 anni al servizio della città di Genova e della Liguria, non foss’altro perché Genova è il suo porto. Dall’importante ruolo svolto nella disciplina dei lavori per l’ampliamento del porto all’indomani del trasferimento dell’Arsenale militare a La Spezia, alla collaborazione prestata dall’allora Capitano di porto alle fasi organizzative della spedizione dei Mille; dall’attività di accoglienza e assistenza ai milioni di emigranti italiani che si accalcavano sulle banchine di Ponte dei Mille in attesa di imbarco sui piroscafi diretti verso le Americhe, al ruolo di leale collaborazione con quello che si può definire come l’antenato dell’Autorità portuale, il Consorzio Autonomo del Porto, nato nel 1903, insieme al quale grandi progetti sono stati realizzati nel Porto di Genova. Di quella antica e radicata collaborazione è figlio l’attuale rapporto di co-governance tra Autorità marittima e Autorità portuale: una collaborazione produttiva, improntata a criteri di reciproco rispetto e considerazione, che non è mai venuta, riaffermandosi, anzi, oggi ancor più di prima. Attualmente nel nostro paese le Amministrazioni delle infrastrutture e dei trasporti, dell’ambiente, delle politiche alimentari, rappresentano la struttura centrale di riferimento politico, cui è affidata la Funzione marittima pubblica italiana, quella Funzione attraverso la quale lo Stato esercita i propri poteri per il soddisfacimento degli interessi di cui è portatrice la comunità nautico-marittimo-portuale. A tal proposito l’Ammiraglio Melone ha evidenziato come “di quelle Amministrazione centrali e di tale Funzione marittima, il Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia Costiera, con tutto il suo bagaglio culturale di tradizioni, compiti, conoscenze, competenze, diffusione territoriale si conferma pienamente per l’attualità e si candida ancor di più per il futuro, come uno dei principali “strumenti operativi” di attuazione capace di ricondurre all’unità i molteplici momenti decisionali e amministrativi attribuiti a quei Dicasteri.Anche in questo risiede il significato della cerimonia, alla quale erano presenti le massime Autorità civili e militari provinciali e regionali. Per la Regione Liguria presente il Presidente Toti, per il Comune e la Città Metropolitana di Genova presente il Sindaco, Prof. Marco Doria, anche in relazione alla contestuale cerimonia di intitolazione della calata antistante Porta Siberia alle “Capitanerie di Porto” deliberata di recente dal Comune di Genova, la cui targa è stata benedetta dal Sua Eminenza il Cardinale Angelo Bagnasco.                          ANARTI - Presente. il labaro è portato dal Cap. Castagnola e scortato dal Cav. Oddone.

FESTA DELL'ARMA DI ARTIGLIERIA VENARIA REALE 18/19 GIUGNO 2022

 

 2 dicembre 2023 Centenario A.N.Art.I. Prima Parte

 

https://youtu.be/0qpxrc0ZM2w

 2 dicembre 2023 Centenario A.N.Art.I. Seconda parte

 https://youtu.be/oEaXAXM_zyM

 2 dicembre 2023 Centenario A.N.Art.I. Terza parte

 https://youtu.be/K_h4PlrfptQ